Grammatica

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L’accento in italiano (tonico e grafico)

Come funziona l’accento in italiano? E qual è la differenza tra accento tonico e accento grafico?

Quando diciamo qualcosa, in ogni parola c’è una sillaba che viene pronunciata con maggiore intensità rispetto alle altre:

Bambino=Bam-bi-no
Tasca=Ta-sca
Minigonna=Mi-ni-gon-na

Il rafforzamento della voce che mette in evidenza una determinata sillaba prende il nome di accento tonico. Il segno con cui indichiamo dove si trova l’accento tonico di una parola è l’accento grafico, che può essere di due tipi:

  • acuto, se va dal basso verso l’alto (pésca, finché…)
  • grave, se va dall’alto verso il basso (bòtte, però…)

In pratica, l’accento tonico è l’accento che sentiamo durante la pronuncia di una parola, mentre l’accento grafico è il segno che vediamo su una parola scritta.

La sillaba su cui cade l’accento tonico viene chiamata sillaba tonica, mentre le altre vengono chiamate sillabe atone (àtone).

Quando è obbligatorio scrivere l’accento in italiano?

L’accento grafico deve essere messo per forza solo in due casi:

  • se l’accento tonico cade sull’ultima sillaba di una parola che è formata da due o più sillabe (servitù, oblò, dopodiché…)
  • se una parola che ha una sola sillaba rischia di essere confusa con un’altra parola (è / e, dà / da, là / la…)

In tutti gli altri casi l’accento grafico non deve essere messo (non dobbiamo ad esempio scrivere mùro, ma semplicemente muro).

Può tuttavia capitare che due parole formate da due o più sillabe siano omografe (cioè che si scrivano allo stesso modo, ma con due significati diversi a seconda di come vengono pronunciate). In questo caso l’accento l’accento grafico può essere messo per evitare fraintendimenti:

Ancòra / àncora

Princìpi / prìncipi

Questo succede soprattutto con le parole omografe che si distinguono in base al suono aperto o chiuso della e o della o:

lègge (azione di leggere)=e aperta
légge (regola)=e chiusa
bòtte (percosse)=o aperta
bótte (recipiente)=o chiusa

Questa differenza di pronuncia ci fa anche capire come mai in alcune parole l’accento finale è grave (caffè, bebè, però…), mentre in altre è breve (perché, finché…). Nel primo caso infatti la vocale accentata deve essere pronunciata con un suono aperto, mentre nel secondo caso con un suono chiuso.

Classificazione delle parole in base all’accento

A seconda di dove cade l’accento tonico, le parole italiane si dividono in:

  • tronche, se l’accento tonico cade sull’ultima sillaba (bebè, andrò…)
  • piane, se l’accento tonico cade sulla penultima sillaba (gàtto, rivìsta…)
  • sdrucciole, se l’accento tonico cade sulla terzultima sillaba (tàvolo, sméttono…)
  • bisdrucciole, se l’accento tonico cade sulla quartultima sillaba (signìficano, fàbbricano…)
  • trisdrucciole, se l’accento tonico cade sulla quintultima sillaba (comùnicamelo, dipìngiglielo…)

Le parole italiane sono in maggioranza piane.