La nomenclatura dei composti inorganici
Che cos’è la nomenclatura dei composti inorganici? E come funziona?
Dato che a partire dall’Ottocento sono stati scoperti moltissimi composti che prima erano sconosciuti, si è reso necessario assegnare a ciascuno di essi un nome con cui fosse possibile distinguerli l’uno dall’altro. Ma in base a che cosa sono stati scelti questi nomi?
Per alcuni composti è stato usato il nome con cui vengono chiamati comunemente, come nel caso dell’acqua (H2O), dell’ammoniaca (NH3) o del metano (CH4). Per gli altri invece è stata elaborata e poi utilizzata una precisa nomenclatura, cioè un insieme di regole in base a cui attribuire un nome a ogni composto a partire da una sua caratteristica.
Tre diverse nomenclature
Esistono in tutto tre nomenclature:
- la nomenclatura tradizionale
- la nomenclatura IUPAC
- la nomenclatura di Stock
La nomenclatura tradizionale è basata sul numero di ossidazione degli atomi che formano le molecole del composto.
La nomenclatura IUPAC (cioè regolamentata dalla International Union of Pure and Applied Chemistry) è basata sulla formula chimica del composto. Fu ideata nel 1959 e sta lentamente sostituendo la nomenclatura tradizionale.
La nomenclatura di Stock, similmente a quella tradizionale, è basata sul numero di ossidazione degli atomi che formano le molecole del composto, ma in più indica ciascun numero di ossidazione tra parentesi in cifre romane (I, II, III, IV…).
A scuola si utilizzano generalmente la nomenclatura tradizionale e la nomenclatura IUPAC, che coesistono (possono cioè essere adottate entrambe).
Come funziona la nomenclatura dei composti inorganici?
Le regole in base a cui ciascuna nomenclatura attribuisce il nome a un composto variano in base al tipo di composto:
Facciamo un esempio con il composto FeO, che è un ossido. Se usiamo la nomenclatura tradizionale, il suo nome è ossido ferroso. Se invece usiamo la nomenclatura IUPAC, il suo nome è ossido di ferro. Infine, con la nomenclatura di Stock avremmo ossido di ferro (II).